“Piedi, perché li voglio se ho ali per volare.” (Frida Kahlo)

(Articolo di Sara Benatti) – Questo è il titolo che ho scelto di dare a questo articolo dedicato alla mostra di Frida Kahlo al Mudec di Milano a cui sono stata il 3 febbraio 2018. Una frase di Frida che da sola potrebbe riassumere l’intera mostra.

La prima cosa che mi viene in mente dopo aver fatto questa immersione di emozioni è: il SILENZIO.
Sì, il silenzio. Perché è così tanto quello che ho visto, così “troppo”, così “tutto”. E anche quello che ho sentito, ma non solo perché avevo l’audio-guida che mi ha spiegato quello che in parte sapevo già e quello che, invece, non sapevo. Parlo di “sentire” riferito a quello che ho sentito dentro di me. Frida con le sue opere è riuscita a farmi percepire le sensazioni che provava, il dolore fisico e morale che ha vissuto e allo stesso tempo trasmettermi quella voglia di vivere e di andare avanti con forza e tenacia come nessuno ha mai saputo fare.

Mentre giravo tra i colori di Frida continuavo ad avere il rimorso per non averla potuta conoscere. Stiamo parlando di una donna che da ragazzina iniziò a dipingere perché si fece costruire una specie di cavalletto e un baldacchino sul quale fissò uno specchio in modo da potersi vedere e utilizzare la sua immagine come modello dopo aver subìto un grave incidente che la costrinse a letto per molto tempo. In alcune opere mi tenevo a debita distanza, nonostante non fosse proibito avvicinarsi, perché avevo l’impressione che quei dipinti fossero come gioielli preziosi, o al contrario: come delle bombe che potessero scoppiare da un momento all’altro tanto erano cariche di dolore, di sofferenza. Per questo sentivo fosse giusto averne un triplice rispetto, limitandomi a mantenere una semplice distanza, anche se in realtà, di fronte ad alcune delle sue opere avrei voluto inchinarmi.

Mi hanno colpito moltissime opere e fotografie alla mostra, ma diventerei troppo prolissa se le elencassi tutte, per cui mi limito a citarvi questo particolare. Ho notato la foto di Frida di quando era bambina con in braccio una bambola: la dolcezza con cui volgeva lo sguardo a quella bambola, lo stesso sguardo che riflette il gioco simbolico delle bambine che, giocando con le bambole, simulano la figura della madre. Mi è venuto spontaneo paragonare questa foto con il suo autoritratto sul letto con a fianco una bambola, appunto: l’indifferenza totale che mostrava nei confronti di questa bambola totalmente nuda. Questo desiderio di maternità che le era stata negata a causa dei suoi aborti ripetuti, ciò venne poi ritenuta un’ipotesi plausibile di quell’indifferenza, fornendo inoltre una spiegazione al motivo per cui Frida teneva in mano una sigaretta al suo fianco (atteggiamento considerato alquanto inadeguato, penserete). Quindi, nella foto, una Frida bambina che sogna da grande di avere dei figli e gioca con la bambola tenendola in braccio e coccolandola; poi, nel dipinto, una Frida adulta che si rassegna al non poter mai essere madre nella sua vita e lo afferma davanti a tutti con determinazione e con il dolore dentro al cuore. Che poi mentre sto qui a parlarvi di lei, mi vergogno anche, mi sento presuntuosa e non ho mantenuto quanto detto all’inizio: il SILENZIO. Ma, Frida, con tutto quello che ha voluto trasmetterci inevitabilmente ci porta a riflettere sull’essenza delle cose, della vita, e, di conseguenza, a parlarne. Frida ci ha lasciato così tanti messaggi, che non sto qui ad elencare perché voglio li cogliate voi direttamente da lei, non necessariamente andando ad una sua mostra..è sufficiente leggere su internet la sua biografia e già vi può bastare. Ma se invece volete farvi un regalo, e decidete di andare alla mostra di Frida, permettetemi di ringraziarvi, perché fate un regalo anche a me.

“Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere.”
(F. Kahlo)

(Articolo di Sara Benatti)

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