ALESSANDRO DANZINI

Biografia di Alessandro Danzini

Alessandro Danzini nasce in Pisa nel 1974. Trascorre però l’intero corso della sua vita nella vicina Livorno, città che egli ama profondamente e che gli restituisce molto: non a caso il litorale labronico, le sue frastagliate coste e i suoi scorci pittoreschi rappresentano alcune tra le principali e più felici fonti di ispirazione per l’artista. Il richiamo dell’arte è, come in ogni pittore o scultore che si rispetti, un fattore naturale che nasce e si sviluppa sin da subito: già in tenera età infatti Danzini sente in lui il bisogno quasi viscerale di disegnare e utilizzare i colori, mostrando capacità non comuni. Così come un’attenzione particolare alla pittura “di paesaggio”, genere che poi gli rimane caro per gran parte del suo percorso artistico. Si devono proprio a questi anni giovanili gli studi sui grandi maestri impressionisti, sui macchiaioli più celebrati e anche su alcuni importanti contemporanei: notevoli lavori eseguiti a matita e gessetti considerati dall’artista stesso soprattutto come ricerca di una tecnica che egli vuole sempre più corretta. Tali studi lo portano a considerare anche tal altri aspetti del genere di paesaggio: la costruzione prospettica, le teorie dell’ottica, lo studio delle architetture; mentre scopre ed apprezza il disegno tecnico, nella misura di uno strumento che gli offre delle solide basi su cui costruire le sue vedute. Da queste considerazioni la scelta di dedicarsi a tali materie frequentando l’Istituto Tecnico per Geometri di Livorno. Si lascia per un periodo anche fuorviare da alcuni insegnamenti appresi, in virtù degli ottimi risultati che ottiene nel disegno tecnico e di progettazione, dedicando gran parte del suo tempo allo sviluppo di una solida tecnica grafica e a una mirata analisi della storia dell’architettura. Saranno queste nozioni a plasmare definitivamente il suo percorso di formazione, sia nella scelta dell’Università di Pisa come polo a cui far riferimento, sia in quella della sua laurea, discutendo una intuitiva tesi in Storia dell’Urbanistica (“Lo sviluppo urbanistico della zona est di Livorno all’inizio del XX secolo”). Durante gli studi universitari, ormai certo degli insegnamenti ricevuti, Danzini finalmente ritorna alla pittura vera e propria, rinnovato negli intenti e nella tecnica: sono proprio le opere in tempera su carta di questo periodo a inaugurare la sua nuova stagione artistica, opere che l’artista stesso definisce “ancora acerbe” ma che già mostrano gli obiettivi degli anni a venire. Come pittore di lungo corso, adotta – ed è questa scelta coraggiosa e foriera di ulteriori accorgimenti – il colore a olio come fondamentale mezzo di traduzione pittorica: tale scelta, se da un punto di vista prettamente visivo, consente all’artista di rendere più fluide le sue vedute, lo costringe anche a un’attenzione quasi maniacale al processo creativo; e di conseguenza a una sempre crescente consapevolezza tecnica che non ammette distrazioni – benché accetti ripensamenti. Nella scelta dei suoi scorci, nell’analisi dei paesaggi e delle vedute, tornano ancora una volta le lezioni dei suoi amati maestri impressionisti, di quelli di macchia e della pittura en plein air in generale, affrontati stavolta con un’aderenza al reale che egli ha appreso dai suoi contemporanei studi sui pittori del Seicento. Insegnamenti che lo portano a sviluppare quel suo personale linguaggio figurativo che trova espressione in una pittura di paesaggio rinnovata, quasi lenticolare che ne fa uno dei rappresentanti più accreditati e apprezzati dagli addetti ai lavori.

 

CONTATTI

 

INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini

D: Come definiresti il tuo stile espressivo usando 3 parole chiave e motivandole?
R: Figurativo, analitico, contemporaneo.
Figurativo: rappresento quello che mi colpisce nella natura, in special modo le rocce che spesso hanno forme incredibili.
Analitico: la mia pittura è sicuramente lenta e ragionata. Parto dall’emozione che mi da una particolare inquadratura con la luce che valuto più giusta e poi lavoro cercando di non tralasciare i dettagli, anzi, concentrandomi su questi con inquadrature spesso ravvicinate ed enfatizzando il contrasto chiaroscuro.
Contemporaneo: sono un artista che, seppur con chiara vocazione naturalistica, vive il suo tempo e talvolta traduce su tela quello che lo colpisce fra i vari eventi che succedono nel mondo e sulla società che viviamo, con uno sguardo critico a quello che a mio modo di vedere sono comportamenti sbagliati o eccessivi. Da questa visione nascono opere che criticano l’eccessivo uso di dispositivi tecnologici oppure denunciano le violenze che subisce il nostro pianeta e i rischi, spesso sottovalutati, che corre.

D: Una tua riflessione sul concetto di vocazione artistica;
La vocazione dovrebbe essere autentica, cioè bisognerebbe cercare di mantenerla pura percorrendo sempre la propria strada senza farsi influenzare dalle mode del mercato, e ciò è molto difficile. Per me l’artista è colui che vede il mondo in maniera diversa, forse più profonda, e ciò abbraccia tutti gli aspetti della vita. Nel mio caso è vedere l’ambiente che mi circonda con un’attenzione superiore rispetto alla maggior parte delle persone che guardano ma non vedono. Questo mi permette di immaginare già l’opera che voglio realizzare.

D: Come stai improntando la tua ricerca artistica in questo anno?
R: Non mi pongo obiettivi precisi. Ogni giorno può essere buono per concentrarsi su qualcosa di nuovo oppure può non succedere niente per mesi. In generale mi sento ancora attratto dalla roccia in ogni sua forma, non necessariamente dall’ambiente costiero, ma non mi voglio imporre limiti o prefissare mete da raggiungere.

 

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