MICHELA MENEGAZZI

Biografia di Michela Menegazzi

Michela Menegazzi nasce il 21 gennaio 1969 a Cormons (GO) in Friuli Venezia Giulia. La voglia di fare arte è sempre stata dentro di sé fin da bambina. Purtroppo ai tempi delle scuole superiori non le è stato permesso di scegliere di frequentare un liceo artistico, perché a quei tempi l’ignoranza culturale dei genitori rispetto tutto ciò che era artistico l’ha ostacolata, reputando il fare arte come un un capriccio della figlia, ha fatto sì che prendesse altre strade, mettendo da parte sogni e progetti al punto di abbandonare completamente qualsiasi piacere artistico. Questo fino all’età di 28 anni, quando ormai sposata e con un figlio piccolo, in una scuola professionale della provincia viene aperto un corso a fondo europeo della durata di un anno, rivolto a donne adulte disoccupate, il corso di ceramista e creatrice d’arte d’arredo, che comprendeva lo studio teorico e pratico delle tecniche di ceramica, arte musiva e scultura. Quella è stata la sua rivincita verso quello che le era stato negato tempo prima. Da subito rimane affascinata da quello che poi sarà il suo vero grande amore, il mosaico. La scuola prevedeva un periodo di tirocinio in azienda e lei invece di scegliere la tecnica a cui era più legata decide di dedicarlo alla scultura su pietra, che comunque era qualcosa che l’attraeva, quindi viene indirizzata presso una grande azienda per la lavorazione di marmi, dove assistita dal suo tutor, con l’uso di un martello pneumatico da vita a due blocchi uno di pietra ed uno più piccolo di marmo di Carrara, creando così La Maternità, due figure stilizzate, madre e figlio. Nel 1999 ha avuto il suo diploma e per un breve periodo grazie alle sue doti è stata scelta da uno dei suoi professori per collaborare ad alcuni progetti di arte musiva. Nel 2000 la sua prima opera commissionata, un quadro in mosaico,destinato in Spagna ad un
gemellaggio tra due associazioni di canto corale. Per un po’ ha sperato di poter avere i mezzi per vivere di questo, ma la vita ha continuato a metterle davanti delle scelte e quindi nuovamente ha messo da parte tutto o quasi tutto.

Fino a pochi mesi fa in questo 2020 così buio per tutti noi, causato dall’incubo del Corona Virus, per il fatto di essere chiusa in quarantena ed annoiata ha ripreso in mano tutte le tessere musive che per anni erano rimaste chiuse in uno sgabuzzino ed ha iniziato a riprendere un progetto che aveva abbandonato da tempo portandolo finalmente a termine. Finito quello, con tutto ciò che le era rimasto delle tessere, scarti di esse, materiale di recupero ecc, ha creato il suo lavoro più grande come dimensioni ed anche quello più estroso, intitolato Le luci di Manhattan nato mettendo le prime tessere a caso senza un’idea, così come veniva e poi via via ha visto oltre, creando anche a seconda del materiale che aveva a disposizione, e dove mancava si inventava un modo per riempire gli spazi vuoti, ed ecco che è nata l’opera. Non contenta, spinta poi dalla voglia di creare e sperimentare ha acquistato tutto il necessario per dipingere, che era qualcosa di molto lontano ancora dal suo modo di esprimersi, ha provato a dipingere prima ad acquarello e poi con colori acrilici ed ora non smette più. Completamente autodidatta apprende le varie tecniche da dei tutorial su internet. Appena ha dei momenti liberi si rinchiude in quello che è diventato il suo laboratorio e da vita alle sue creature. Gli obbiettivi che si è prefissata sono quelli di migliorare, sperimentare nuove tecniche, farsi conoscere e vendere le proprie opere, che siano mosaici, quadri astratti o altro ancora, ora non pone più limiti alla sua creatività.

 

LEGGI LA RECENSIONE CRITICA A CURA DELLA DOTT.SSA ELENA GOLLINI

 

CONTATTI

 

INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini

D: Come definiresti il tuo stile espressivo usando tre parole chiave?
R: VERSATILE: È forse la caratteristica che più si addice al mio stile. Ho sempre il bisogno di esprimermi in più forme, passando da tecnica a tecnica, da pittura a mosaico, all’uso della resina epossidica, a mischiare tecniche, sono sempre alla ricerca di nuove forme di espressione per provare nuove sensazioni attraverso stimoli nuovi, sempre però mantenendo il mio stile. Caratterialmente sono un pochino incostante e con l’arte riesco ad esternare tutto quello che mi passa per la mente, riesco a liberare il mio “io” del momento, lo faccio soprattutto attraverso l’uso dei colori.
COLORITO: E qui mi collego al discorso di prima. Sì, perché il colore per me è fondamentale e la mia anima che esce il mio status del momento. Adoro i colori forti, carichi di energia, di vibrazioni. Ho avuto un periodo scuro in passato ed ora voglio circondarmi di colore, a volte mi arrabbio con me stessa quando non riesco a far uscire il colore giusto, quello che sento al momento, quella sfumatura che fa la differenza. In questo periodo per esempio ho il mio “momento viola” con tutte le sue sfumature , è un colore che è sempre presente nelle mie ultime opere, a volte anche prepotentemente, mi identifica perché ha il significato che più mi si addice in questo momento, quello della metamorfosi, del cambiamento, perché sto iniziando questo nuovo cammino, che fino a pochi mesi fa nemmeno avrei pensato di intraprendere, è meraviglioso e spero che mi porti in un mondo multicolor.
SIMBOLICO: Alcune delle mie opere sono un’espressione simbolica del concetto che voglio esprimere, con l’uso dei simboli rappresentati da immagini reali di oggetti, con un concetto però più ampio, più astratto. Esempio emblematico è il mio mosaico intitolato La chiamata: oggetti reali sono chiaramente la croce, la luce, il giglio. Il simbolismo è molto chiaro, religioso, parla della morte. La croce è Dio che chiama a se attraverso la luce divina l’anima di mia nonna defunta, è un modo per rendere questo distacco dalla persona amata più leggero attraverso appunto la simbologia, rimarrà così sempre il ricordo impresso in quell’immagine, però con il pensiero positivo che comunque con la morte è ritornata da chi la ama al di sopra di tutto.

D: Una tua riflessione sul concetto di ispirazione creativa.
R: Fare affidamento sull’estro creativo non è sempre facile, a volte si fa fatica a trovare l’ispirazione giusta, ma quando la trovi non ti ferma più nessuno. Spesso mi capita di ispirarmi a ciò che mi circonda, un oggetto, una forma particolare, un insieme di colori. Però, il più delle volte, mi capita di buttare giù dei colori sulla tela, iniziare a dare delle forme a caso, così senza ispirazione. È l’ispirazione in realtà che nasce strada facendo da quello che inizio senza un vero perché, senza progetti solo a sensazioni, il più delle volte ne esce qualcosa di meraviglioso.

D: Come stai improntando la tua ricerca artistica in questo anno?
R: Posso dire di essere nata artisticamente quest’anno, per cui devo ancora realmente capire qual
è la mia vocazione. Sono nata in questo periodo così cupo per tutti noi, però devo ringraziare questa quarantena che ci è stata imposta, perché forse altrimenti non avrei mai avuto il coraggio di mettere in gioco le mie qualità artistiche. Ho riscoperto il piacere di creare, di riprendere in mano ciò che avevo messo da parte per cosi tanto tempo e mi ha fatto scoprire attitudini nuove che non avrei mai pensato di possedere.

 

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