RIFLESSIONE CRITICA DI COMMENTO ALL’ARTE DI ALFREDO RAPETTI MOGOL A CURA DI ELENA GOLLINI

Identificare e decifrare il codice semantico e il registro linguistico della dimensione artistico-espressiva e dialettico-comunicativa di Alfredo Rapetti Mogol significa in primis e innanzitutto entrare e penetrare nella sfera emotiva ed emozionale di un animo profondamente sensibile e intensamente empatico e intuitivo. Significa addentrarsi all’interno di una proiezione, che rifiuta e rigetta a priori tutto ciò che appare ostentato ed enfatizzato in maniera fuorviante e ambigua. Significa immettersi in una prospettiva visionaria, che cede il passo all’essenza sostanziale precipua e primaria della parola e di tutto quanto ruota attorno alla sua valenza di mimesi primaria e prioritaria, insita e sottesa nel fondamento di un contenuto concettuale metaforico, che si apre e si espande su piani e livelli percettivi, che superano e oltrepassano ogni possibile sperequazione speculativa e mercificante e cercano invece piuttosto una formula di condivisione vera e veritiera, di partecipazione e compartecipazione attiva e diretta, consapevole e responsabile con il fruitore-spettatore, accompagnandolo e guidandolo in un percorso di analisi e scandaglio arricchente e costruttivo, edificante e rafforzante.

L’arte segnica di Alfredo si rende pertanto portavoce di principi cardine a pilastro portante dell’intera storia dell’arte universale, che esulano da celebrazioni autoreferenziali e possiedono altresì un intento e un’intenzione di funzionalità collettiva e comunitaria, stimolando riflessioni attente e coerenti con quanto è racchiuso e custodito nel potere assoluto della parola. Ecco perché allora non servono corollari macchinosi e cervellotici di compendio integrativo. Ecco, perché anche chi non è esperto di settore e magari profano del tutto o quasi in materia trova spunti di rimando, di richiamo e di riferimento, che gli appartengono e che sente affini con il proprio essere.

Questa diventa la vera magia speciale dell’arte, che si rende alla portata di tutti e accessibile a tutti, proprio come anche la musica, linguaggio universale, che Alfredo cura attraverso i suoi testi preziosi e pregevoli, per elevarla e innalzarla mediante l’interpretazione canora da parte di presenze di notevole spessore e calibro a cui affida amorevolmente le sue parole “creazioni-creature”. Alla stessa stregua le sue opere pittoriche vengono generosamente donate senza riserve, per regalare momenti di suggestione evocativa e per concedere contestualmente delle fasi di ragionamento ponderato. L’arte senza tempo e senza spazio, l’arte libera e affrancata, l’arte liberatoria e incondizionata, senza preclusioni e senza maschere, senza filtri e senza barriere, senza trucco e senza inganno. Ecco, proprio questa è l’arte, che Alfredo erge a suo vessillo supremo e solenne e che desidera diffondere e promuovere come un vero paladino gladiatore, in nome di una bellezza essenziale e minimale, di una bellezza spuria e scevra da sovrastrutture falsate e falsificate da elementi e fattori discordanti e incongruenti.

Alfredo vuole quella verità artistica purissima, inviolata e inviolabile, che la sua anima bella e il suo cuore grande possono veicolare e traghettare per essere canalizzate e recepite al meglio e in toto. Alfredo e la sua arte sono senza dubbio destinati a svolgere un’azione efficace per sensibilizzare anche le persone più ostiche e reticenti, per avvicinarle e invitarle a lasciarsi andare senza indugio e titubanze, a gustare e assaporare il portentoso beneficio che possono godere. Le parole traslate e trasfigurate nelle sue raffigurazioni rievocative hanno quella potenza mistica, trascendentale e taumaturgica, che si sprigiona e si propaga oltre e altrove come per incanto e viaggiano ad infinitum, acquistando vita propria, come entità vive, vitali, eterne ed eteree, dinamiche, che ci conquistano e ci ammaliano e al contempo ci scuotono e ci fanno prendere coscienza sul senso dell’essere e dell’esistere nel qui e ora al presente, così come in un futuro futuribile non troppo lontano e distante, che già ci appartiene.

La grandezza di un’opera d’arte si misura dall’effetto che produce sulla coscienza umana”.
(Lev Tolstoj)

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