ANNA MARIA ORAZI

Biografia di Anna Maria Orazi

“Nata in Umbria nel 1948, ho trascorso trentacinque anni a Torino, dove ho svolto l’attività di insegnante. Mi sono interessata di poesia e di letteratura per l’infanzia.
Ho vissuto il sessantotto, periodo della lotta politica, del disagio e del risveglio sociale. Ho sentito la tensione dell’uomo e ho fatto mio il bisogno di comprendere il percorso umano. Ho al mio attivo un buon numero di esposizioni, accolte con successo di pubblico e di critica. Attualmente vivo e lavoro a Nocera Umbra.
Ho tradotto il vissuto nell’arte. Quasi subito ho abbandonato l’espressione verista, per cercare una forma liberatoria. I quadri erano blu, in tutte le sfumature. Quel blu era un segno che voleva dire altro, voleva mostrare i miei bisogni interiori, il tormento del mio animo. Cercavo di esternare ciò che mi faceva male dentro ,era una forma di catarsi.
Dopo molti anni , una luce abbagliante, improvvisa, assorbita in un viaggio in Africa mi ha cambiato. Ogni forma espressiva si tingeva di bianco e oro e le opere diventavano più materiche, e , cominciando a uscire dalle tele, mi appropriavo dello spazio esterno. L’ “Umanità ”con i suoi sentimenti era il tema centrale.
Una mattina, all’improvviso, mi sono sentita pervasa da un bianco interiore così forte che nessun altro colore mi apparteneva più. Era un’esigenza pressante e irremovibile.
Il bianco, colore sommo perché tutti li racchiude, diventava purificatore di ogni dolore, di ogni male.
Le opere diventavano quadri-sculture, aggiungevo materia e davo forma con le mani ai miei pensieri e ai miei perché esistenziali.
Le figure, non ben definite, bianche e leggere, erano sempre protese verso l’infinito. Infinito che per me è quell’ “Energia Universale”, “Forza Creatrice” che corrisponde al concetto di Dio. Energia da cui tutto proviene e a cui tutto tende.
Mentre continuavo a produrre opere bianche, scoprivo forme su legno e su pietra e provavo a liberarle , togliendo materia. Cercavo di far perdere ai tronchi e alle radici di ulivo la loro consistenza, facendoli diventare un insieme di pieni ricchi di forme e di vuoti significativi, perché carichi di possibilità.
Le sculture , per quanto ci lavorassi, mi sembravano troppo materiche, troppo concrete. Ho risolto il problema quando ho scoperto la rete metallica: mi si è aperto un mondo di nuove emozioni, leggere e impercettibili, ma anche forti e tenaci. Ho trovato una trama ricca di intrecci e di vuoti, qualcosa capace di bisbigliare la propria esistenza. E’ nato così il “primo amico invisibile”. Siamo poca cosa in questo mondo, il nostro passaggio è come un granello di polvere che si vede e non si vede, eppure ha un senso, un suo perché, le sculture in rete esprimono bene questo concetto, sono una traccia del nostro essere. Evocano immaterialità, ma nello stesso tempo sono. Per me rappresentano ,soprattutto, un segno di quella serie infinita di cause ed effetti che intrecciano la rete della realtà universale.
La mia ricerca non si ferma qui, sto sperimentando anche altre forme e materiali, per rispondere all’eterno fermento dell’animo.

CONTATTI

 

INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini

D: Se dovessi darti una definizione come artista usando 3 parole chiave e motivandole;
R: Ho riflettuto a lungo e le parole chiave che meglio si adattano alla mia arte sono: introspettiva, concettuale e indeterminata. E’ introspettiva perché analizzo temi interiori, che si riversano su tele come mezzo liberatorio, catartico. A una lettura attenta la posso definire concettuale, perché i messaggi sono intellettuali, toccano problematiche come l’infinito e la ricerca dell’uomo. Voglio trovare un’armonia tra l’individuo e tutto ciò che lo circonda , per ricondurlo a un tutt’uno con l’Universo. A volte mi piace coinvolgere lo spettatore nella realizzazione dell’opera rendendolo attore. Nelle ultime opere sicuramente la mia arte diventa indeterminata, in quanto fatta di una fluttuazione di pieni e di vuoti, di energia che può essere e non essere. Il vuoto ha tanto valore quanto il pieno, perché ricco di possibilità. Le opere sono un fluire di forme, che si intrecciano, si annodano nella tensione all’infinito. Spesso sono aperte all’interazione con il fruitore. Si pongono nella realtà in modo inusuale, quasi sottovoce e la realtà stessa ne può modificare l’immagine con i propri cambiamenti, con la luce e i fenomeni naturali.

D: Come vedi attualmente il mondo dell’arte e della cultura in generale? Cosa si può fare per stimolare le nuove generazioni ad appassionarsi all’arte?
R: E’ molto difficile definire l’arte contemporanea, perché è caratterizzata da una molteplicità di sfaccettature non sempre ben identificabili. La globalizzazione e il dinamismo delle informazioni la rendono aperta a nuovi strumenti espressivi e nuove sperimentazioni. Ci sono opere prodotte con linguaggi molto diversi, che spaziano tra pittura, videoarte, scultura, arte digitale, fotografia, performance e installazioni. C’è anche una molteplicità di fonti che rende le opere più fruibili, accessibili e piacevoli, tanto più che si può accedere a spiegazioni semplici o complesse secondo il proprio interesse. Per gli esperti del settore e per tutti è difficoltoso districarsi in questa complessità. A volte si rileva una mancanza di valore comunicativo, alcune opere, infatti, mirano più alla ricerca del sensazionale piuttosto che al sublime. A volte la cultura del successo e del denaro prevalgono sul ruolo fondamentale dell’arte, riducendolo a mercato. Per evitare che le regole spietate del mercato regolino l’estetica, bisogna usare strumenti nuovi , coinvolgenti che educhino i giovani all’arte. Ci si può servire della tecnologia per migliorare la comunicazione del messaggio estetico, di cui l’arte è espressione. Si possono utilizzare web, social network, blog, per raggiungere un maggior numero di fruitori. Si attuano così forme di aggregazione sociale, senza barriere spazio-temporali in cui il successo è determinato solo dall’interesse e dalla reazione del pubblico. Gli specialisti del settore devono rendere più allettante il mondo dell’arte, con proposte innovative, soprattutto con coinvolgimento interagente, per diffondere beni culturali del presente e del passato. Le mostre reali nei musei rimangono fondamentali, ma devono essere rese più appetibili con visite guidate e servizi interattivi. Sono da prendere come esempio musei, in cui sono nate stanze multi –touch screen, che permettono di toccare, ammirare , fotografare opere che poi si vedranno dal vero nella visita. Questo potrebbe togliere l’idea di “noioso”, che a volte si ha, del museo. Non sono un’esperta, ma il binomio arte- tecnologia può essere vincente.

D: Quali sono i progetti artistici che stai portando avanti per 2018?
R: Non amo fare progetti a lungo termine, l’importante per me è riuscire ogni giorno a trasformare un’idea in qualcosa di visibile. Posso dire che sto preparando un’opera per una mostra celebrativa della “Vespa” della Piaggio. Il lavoro verrà esposto a fine marzo a Foligno presso l’ex teatro Piermarini.
Un altro progetto mi impegnerà fino a dicembre . Mi sono riproposta di arricchire la “Natività”, realizzata nel 2017 in rete metallica, con particolari originali. Ho anche in mente la realizzazione di una fontana con un materiale diverso dalla rete. Spero nel tempo di regalarvi emozioni nuove!

 

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