CECILIA MARTIN BIRSA
Mi chiamo Cecilia Martin Birsa, sono nata nel dicembre dell’83 a Biella, vivo e lavoro a Bagneri, un Borgo Alpino nel Biellese Occidentale.
La mia formazione artistica inizia poco più che ventenne, nell’atelier del “pittore della neve” nonché scultore ed incisore Placido Castaldi, a Sordevolo, diventando vera e propria sua assistente all’età di ventisei anni, sino all’anno della sua morte nel 2014.
Da lui imparo sia il buon gusto che la disciplina pittorica e che il lavoro artistico si basa su una continua tensione nervosa abbinata alla meditazione ed ad un costante sforzo sensoriale ed emotivo. In parole
povere, come diceva Artemisia Gentileschi, “ la pittura è come un campo di battaglia”.
Dopo la morte del Maestro, accantonato pennelli e colori, ho iniziato il mio percorso artistico di ricerca che mi ha da subito portato alla scultura. Tutte le mie opere sono caratterizzate dall’uso di medium
di epoca paleozoica: le pietre di montagna, di torrente (mucronite, serpentino, quarzo o sienite) che io scolpisco sono molto più antiche del marmo, caratterizzate da estrema durezza e da un loro carattere preponderante: non si possono plasmare né sottomettere alla volontà creativa, ma necessitano di ascolto, interpretazione e dialogo. Ogni scultura è una ricerca nella quale sono costantemente
messa alla prova, nel tentativo di conciliare la volontà di imporre un concetto e l’ascolto della forza primordiale e misteriosa della pietra.
L’unicità del mio lavoro (le donne scultrici in pietra dura sono una rarità a livello internazionale), mi ha portato in poco più di un anno dalla mia prima personale ad essere accettata e poi ricercata dalle gallerie di tutto il mondo, portando con me la pietra della Valle dell’Elvo.
I miei contatti:
www.ceciliascultrice.it
www.blog.ceciliascultrice.it
info@ceciliascultrice.it
ESPOSIZIONI e MOSTRE:
settembre 2016: Personale “ L’anima di una donna” nella galleria Melori & Rosenberg- Ghetto Ebraico-Venezia
ottobre 2016: Collettiva nella Internazionale “Le cinque anime della scultura” Officinacentocinque-Como
dicembre 2016: Collettiva nella Internazionale “Kolossos-Il ritorno dell’invisibile” – Castello di Palermo
dicembre 2016: Personale in “Engadin Spirit” a Silvaplana e a St. Moritz
ottobre 2017: Partecipazione alla Biennale di Firenze – Firenze.
novembre 2017: Partecipazione a Paratissima 2017 – Torino
novembre 2017: Esposizione in Math12 – Torino
13 maggio 2017: Mostra collaterale Biennale di Venezia galleria Me lori & Rosenberg – Ghetto Ebraico-Venezia
attualmente: In mostra nella collezione permanente di artisti – galleria Melori & Rosenberg – Venezia
PREMI:
Premio all’artista – “Kolossos-Il ritorno dell’invisibile” – Castello di Palermo
Premio all’artista – “Le cinque anime della scultura”- Como.
Premio all’artista – diploma di partecipazione “ Florence biennale” 2017
RECENSIONI CRITICHE:
Clicca e visualizza la recensione a cura di Donatella B. Melori
Clicca e visualizza la recensione a cura di Elisa Larese
VISUALIZZA IL CERTIFICATO DI ANTERIORITÀ E PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE OPERE DI CECILIA MARTIN BIRSA
SCULTURE EMOZIONALI
SCULTURE DI SENSO PITTORICO
SCULTURE FIGURATIVE
SCULTURE IN PIETRA DEL MONTE ROSA
Clicca qui e visualizza la scheda descrittiva completa delle opere
RECENSIONE CRITICA – a cura di Elena Gollini
Il problema di molti artisti talvolta è quello di rimanere troppo legati e vincolati ai propri modi espressivi, come se essi fossero un’identità da salvaguardare in modo assoluto, senza della quale non si sentono in grado di stabilire differenze tra sé e gli altri, tra sé e il mondo. Se questo tipo di atteggiamento effettivamente può precisare e definire delle identità e quindi le modalità formali e i campi di intervento, da un altro punto di vista può portare ad una sclerotizzazione delle forme e forse anche ad una sclerotizzazione della propria sensibilità verso la percezione della vita e delle relazioni che la animano, nel momento in cui la ricerca d’identità prevarica la capacità di attenzione verso quanto si va elaborando nella ricerca artistica del presente. In conseguenza tanti artisti possono correre il rischio di rimanere prigionieri delle proprie forme e perdere la sensibilità, verso ciò che invece la contemporaneità propone come elemento di confronto e di discussione. Cecilia Martin è ben lontana e distante da questo orientamento e rende oggetto della sua accurata ricerca creativa la mobilità della rappresentazione e della percezione, facendo dell’evoluzione trasformista e della transizione sperimentale il perno della sua identità espressiva, la sua peculiare area di ricerca e riflessione. Non è un problema d’identità, che la spinge a rinnovarsi e a variare il suo esclusivo modus operandi, approfondendo e intensificando la sua personale formula stilistica. L’identità sostanziale della sua ricerca coincide con l’idea di apertura, di osservazione scrupolosa, di attenzione alla transizione, alla mobilità e alla fluttuante e dinamica volatilità delle percezioni sensoriali a tutto campo. Nei suoi lavori, l’idea di transitorietà è connaturata all’idea di persistenza tra solidità e dissoluzione, creando una viva e vitale pulsione tra forma e non forma.
La visione dell’immagine acquista un tono poeticamente e delicatamente evocativo e denota anche una grande proiezione di interesse verso la realtà circostante e la dimensione del reale, concepita e recepita nelle sue molteplici e multiforme sfaccettature. Da ogni opera trapelano messaggi e significati, che sollecitano intellettualmente lo spettatore, all’insegna di una formula scultorea che si rende portavoce di un’arte colta e raffinata, di una progettazione ponderata nel dettaglio, di un’azione del gesto creativo misurato e studiato con certosina dovizia esecutiva. Il suo intervento artistico va ben oltre la semplice velleità estetica e si traduce nell’intento di trasferire e trasmettere nel fruitore qualcosa di solido, di concreto, che si tratifica e rimane nel tempo. Lungi da lei la volontà esibizionista sutocelebrativa e autoreferenziale, Cecilia lavora in disparte e si tiene ancorata ad un’umiltà ed una modestia, connaturate ad un’indole riservata e ad una personalità pacata. Si tratta di un’apertura mentale frutto di un’autentica e spontanea sensibilità verso il mondo reale circostante, che sfocia in una vocazione ispirata incondizionata.
La sua arte non è mai una fuga nell’immaginario simbolizzato, accogliendo la realtà come luogo di lavoro per esaltare al meglio il plus valore delle sue creazioni. Cecilia non trattiene qualcosa di intellettualmente e mentalmente intuito, ma coglie e carpisce ciò che sfiora e colpisce i suoi occhi specchio dell’anima, traslandolo e trasfigurandolo con aggraziato virtuosismo attraverso la fervida immaginazione. Ogni rappresentazione scenica conserva la sua intrinseca essenza costitutiva e contiene in sè la motivazione estetica e formale, che la contraddistingue e la spiegazione sullo sviluppo creativo a monte da cui ha preso vita, in una commistione armoniosa di coinvolgente fascino. Cecilia vuole ricordarci che la realtà che ci passa sotto gli occhi non è determinata da un concetto assoluto e categorico di esattezza e chiarezza, ma da immagini in continuo movimento e mutazione, che vengono sempre filtrate e sovrapposte ad altre immagini, che ci appartengono e abitano negli spazi intimi e negli anfratti reconditi della mente e del ricordo, che la rendono complessa e intessuta dentro un sistema variabile. Cecilia rende tangibili i frammenti poetici che la realtà ci dona e ci offre tra le pieghe del vissuto e del vivere quotidiano e ci consente di accorpare in equilibrio un corollario di immagini, costruendo un processo riflessivo e immaginifico al tempo stesso, che si snoda nell’ordine estetico e intellettuale.
Cecilia ha il pregio di proporsi con pura e schietta semplicità, senza ricorrere a prosopopee ed eloqui ridondanti, regalandoci un’arte feconda e germinale, alimentata da prospettive e vedute mai chiuse e limitate, ma sempre aperte e versatili, dimostrando uno spirito artistico moderno e al passo coi tempi. Per lei l’arte ha a che fare oltre che con il talento creativo anche con la capacità di trasformazione, intesa come spostamento dei confini del fare arte, con l’impiegare i materiali, modificarne le funzioni, trasformare se stessa, le persone, la società. Il suo motto trainante si potrebbe racchiudere nella simbolica frase: “La creazione termina, la trasformazione evolve. L’arte trasfigura il vero in enigma”. La sua indagine creativa ci guida e ci conduce verso gli spazi aperti della mente, dove la realtà incontra il fascino accattivante e intrigante del mistero, della seduzione descrittiva ammaliante. Cecilia con innata maestria “addomestica” la materia grezza, la plasma a suo piacere, per estrarne ed estrapolarne suggestive raffigurazioni. La materia modellata e forgiata, cattura la sua ritmica sonorità con forza ed eleganza, rivelando la sua natura genetica straordinariamente ricca di suggerimenti della psiche. Ciascuna opera è un messaggio emozionale a se stante, unico e irripetibile, un intreccio di vibranti emozioni che ci regala attraverso l’equilibrio compositivo d’insieme. Ogni scultura diventa una summa di ricercata e soave fusione tra la memoria e il reale, che prende vita passando attraverso il mondo sensibile e si orienta verso le vie che conducono fuori dal mondo dei sensi, per comprendere che la vita umana e terrena acquista valore e significato soltanto se si penetra con lo sguardo di un altro mondo, che si trova sul piano spirituale. L’uomo, tramite questa penetrazione e conoscenza a livello spirituale, impara a vivere con sicurezza e a rimanere saldo nella vita reale. Le creazioni realizzate con cognizione di mezzi tecnici e strumentali e costruttività responsabile consolidata, evidenziano forme e volumi armonici, dove la perfetta sintonia si sviluppa su qualità essenziali primarie, che le permettono di ottenere una costante energia e carica comunicativa. Cecilia ci esorta a comprendere, che solo quando l’arte viene trasmessa con l’anima passando attraverso una “simbolica serratura” può giungere fino al cuore e trasmettere e infondere i veri sentimenti cardine.
INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini
D: Cosa significa fare arte per te e come ti definiresti come artista?
R: Fare arte, per me, è un’esigenza, non è né una passione né un’attitudine: non saprei esistere in un modo diverso che da artista, più precisamente da scultrice in pietra di torrente. Come persona e come donna in questo momento storico sento la necessità di costruire. Fare arte, per me, è superarne la monumentalità. Mi piacciono le sculture di piccole dimensioni, in pietra, che raccontano una visione intimistica, raccolta. Mi piace pensare che l’osservatore ( anche non vedente) avvicinandosi e toccando una mia opera, riesca a sentirne l’energia primordiale, atavica e le sue vibrazioni. L’ascolto è l’elemento fondamentale nella mia arte, la pietra non è un elemento inerte, plasmabile a piacere, ma ha un suo linguaggio ed una sua anima.
D: Come vedi attualmente il mondo dell’arte in generale?
R: A mio parere il mondo dell’arte non ha superato le avanguardie artistiche che hanno avuto il loro picco negli anni sessanta del secolo scorso, dopodiché non hanno saputo fare altro che ripetersi. A mio modo di vedere, noto nelle varie esposizioni d’arte contemporanea tantissime brutte copie, spacciate per opere d’arte d’autore ( i più copiati, per la mia esperienza: Ugo Nespolo, Alighiero Boetti, Omar Aprile Ronda): la morte dell’individualità, così come vedo tanti bravi artisti emergenti e già affermati che, liberi di scegliere il proprio percorso artistico, non sentono il bisogno di proseguire le strade delle avanguardie del novecento, che hanno esplorato tutte le forme di sperimentazioni possibili ( citando Michelangelo Pistoletto: “l’epoca degli-ismi è finita”).
D: Quali progetti artistici hai in serbo per il 2018?
R: A marzo, in Prefettura a Biella, inaugurazione della mia scultura del senatore e statista Giuseppe Pella. A Firenze, dal 2 al 24 Giugno, presso il salone Donatello della basilica di S. Lorenzo, mostra “Presenze nell’arte contemporanea- emergenti del XXI secolo e maestri del 900: Carrà, Rosai, Sironi, Guttuso, Annigoni ” organizzata da NAG art gallery di Pietrasanta.
E soprattutto: lavorare, lavorare, lavorare….