MARCO MERULLA

Biografia di Marco Merulla

 

Come materia prima per realizzare le mie sculture uso vecchi attrezzi in ferro battuto. Questi oggetti mi affascinano da sempre, perché pur essendo stati realizzati come oggetti funzionali, destinati ad un uso pesante e quotidiano, hanno una natura artigianale che ne decreta delle forma uniche ed irripetibili. Queste forme si tramandano da secoli ed oltre a testimoniare un’epoca pre consumista ed umana, diventano per me scorci di un mondo molto più antico, un luogo comune al genere umano dove vivono simboli e divinità. In questo luogo aspetto di vedere un’immagine chiara, una presenza che mi suggerisca la propria esistenza, quando riesco a vederla, cerco di esprimerla nel modo più diretto possibile.

Mi chiamo Marco Merulla, sono nato il 14 Dicembre del 1983, ho 35 anni. Vivo a Trento con la mia famiglia ho due figli, una femmina ed un maschio. Sono diplomato in grafica pubblicitaria e laureato in design del prodotto. La scultura realizzata tramite l’assemblaggio accompagna la mia vita fin da quando ero un bambino. Quando scolpisco sento di essere sulla strada dove è giusta la mia vita, le ore volano e mi rassereno. Alla base della mia ricerca c’è un forte piacere. Sono un appassionato di popoli antichi ed adoro ascoltare qualsiasi tipo di storia ben raccontata.

 

LEGGI LA RECENSIONE CRITICA DELLA DOTT.SSA ELENA GOLLINI

 

CONTATTI

 

 

TESTO DI PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA LE ANIME DEL FERRO
a cura della Dott.ssa Elena Gollini

Potenza espressiva e molteplici suggestioni simboliche caratterizzano l’operato artistico di Marco. Nel suo pantheon figurativo ideale prendono forma immagini dalle reminiscenze classiche collocate in un’astrazione temporale, in cui si confondono e svaniscono le caratterizzazioni storiche. Un modo per ritrovare nella tradizione un linguaggio estetico e formale per la contemporaneità. Nella sintesi complessiva di significato l’immagine scultorea si scompone e si riordina, in relazione ai punti di vista di chi guarda. Ci accorgiamo che la lirica intimità dell’opera può trasformarsi, attraverso variazioni e modulazioni percettive, in una potenza espressiva sorprendente e imprevista. La consistenza materica si illumina e la forma si alleggerisce, lo slancio prevale sulla poderosa gravità. Queste variabili espressive sono possibili grazie alla grande abilità tecnica di Marco, che gli consente di dominare e governare lo spazio della scultura. La struttura flessibile e flessuosa infonde leggerezza plastica di movimento dinamico. Marco è ispirato da un immaginario sincretismo semantico e dialettico. Nella sua complessa concezione e orchestrazione, ogni opera nel suo insieme è ispirata dalla rievocazione dell’energia mitica originaria, da cui nasce e discende la nostra civiltà. Marco è fedele all’idea di un’arte, che trova una possibilità di linguaggio estetico per la modernità e che risponde ai gusti e alle preferenze attuali. È coraggioso e caparbio e affronta con audacia e al contempo con aggraziata e virtuosa eleganza un percorso creativo sorretto dalla comunicazione aperta a tutto tondo, fatta da sentimenti e riflessioni a monte, rifiutando la scorciatoia e l’espediente di orpelli formali insignificanti e di inutili provocazioni culturali. Combatte il nichilismo estetico con un originale sincretismo, capace di esprimere al meglio quell’intenzione etica e morale, che può ancora giustificare, motivare e attualizzare l’impegno dell’artista nella nostra società contemporanea.

La produzione segue un sottile fil rouge, un percorso immaginifico in cui sostenibilità, cultura e innovazione si intersecano e si intrecciano con le loro particolari modulazioni. Invita lo spettatore a osservare dentro le trame sceniche, andando in profondità, per prendersi il tempo e lo spazio necessari per pensare con ponderatezza e trovare le proprie personali e soggettive chiavi di accesso interpretativo, senza forzature e senza inibizioni. Trova spunti dal mondo rurale, traslato e trasfigurato, una radice portante fondamentale, emblema di quella dimensione attuale di globalizzazione, in cui globalità e località si toccano e dialogano positivamente e fruttuosamente, anziché contrapporsi e scontrarsi. I reperti di questa “archeologia rurale” testimoniano dei valori esistenziali cardine senza tempo e trasformati e rigenerati, aprono lo sguardo e la mente all’immaginazione fantastica e al sogno. Il codice agricolo di questi elementi e componenti nella sua semplicità, viene impreziosito e avvalorato da Marco, che li riscatta, attribuendo la connotazione qualificata di opere d’arte. Recuperando le teorie di Marcel Duchamp, li immette in un orizzonte di estetica destinazione d’uso completamente diversa. Da oggetti strumentali e sostituibili, diventano dunque pezzi unici e di valore insostituibile. Marco riesce a rigenerare esteticamente con una coerenza impeccabile, senza mai stravolgere, perseguendo un ideale di bellezza sobria e garbata e conservando e custodendo quella speciale dignità culturale, che appartiene alla loro peculiare genetica costitutiva.

 

INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini

D: Come definiresti il tuo stile creativo usando 3 parole chiave e motivandole?
R: Totalizzante – Quando creo entro in una dimensione diversa svincolata dal tempo. Dentro di me si impone una serenità particolare, capace di allontanarmi dal pensiero e di rendermi spettatore. Mi chiede di ascoltare, vedere, cercare e di fidarmi dell’istinto.
Diretto – Il mio atto creativo si divide in due momenti, il primo di osservazione durante la quale mi abbandono agli oggetti, mi lascio trasportare finché non vedo l’immagine. Appena trovo l’immagine scatta il secondo momento, di concreta traduzione dell’immagine vista. A questo punto compongo l’opera con una certa urgenza, nel modo più puro diretto e fedele all’immagine per me possibile.
Intimo – Il mio lavoro non nasce come dialogo con un’altra persona, né come proseguimento di una riflessione, è un piacere personale.

D: Una tua riflessione sul concetto di ricerca artistica;
R: Per me l’arte è una compagna di viaggio e non esercito un controllo da ricercatore, è più un’amica che mi porta a vedere posti sconosciuti.

D: Una tua riflessione sul concetto di “arte del riciclo”;
R: L’ arte del riciclo mi sembra una categoria nella quale mi auguro non venga limitata la lettura delle mie opere. La tecnica con la quale riesco ad esprimermi è l’assemblaggio che per sua natura richiede come materia prima degli oggetti. Con il passare degli anni ho scelto di utilizzare antichi attrezzi in ferro principalmente per la loro forza espressiva ed il loro vissuto che traspare dalla materia. Il fatto di salvarli dall’oblio o dalla discarica è per me solo una piacevole conseguenza.

 

Storia e mito
nelle sculture di Marco Merulla
di Nicoletta Tamanini (Maggio 2019)

In assoluta controtendenza con l’universo giovanile contemporaneo irrimediabilmente sedotto da un inafferrabile mondo virtuale costituito da mere illusioni create da files informatici, il mondo poetico ed artistico di Marco Merulla è popolato da piccoli esseri fantastici affascinanti nella loro pura, ma concreta, fisicità.
Dotato fin da giovane di inesauribile curiosità, fervida creatività ed innato talento per le attività plastiche e, più in generale, per tutto ciò che, scaturito da un processo ideativo richiede il successivo intervento di mani esperte, sapienti ed operose, Merulla, da sempre, è impegnato in un percorso artistico – creativo personale ed originale che si concretizza in piccole sculture realizzate assemblando vecchi attrezzi in ferro battuto. Un materiale, il ferro di recupero, fino a qualche anno fa scartato e abbandonato a vantaggio delle nuove tecnologie, oggi raro, prezioso e ricercato ancor più se corroso dall’usura ed impreziosito dalla patina di un tempo che diviene storia e memoria; un vissuto collettivo, testimoniato anche dai misteriosi segni e simboli degli antichi fabbri o proprietari, tracce palesi di un vissuto lungo ed operoso non ancora cancellato dall’oblio.
Se numerosi sono oggi gli artigiani o gli artisti che utilizzano il vecchio ferro battuto, spesso assemblato ad altri materiali di recupero come il legno, anch’esso segnato dallo scorrere del tempo, per nuove, originali creazioni in sintonia con la moderna sensibilità, diversa ed originale è la scelta stilistica di Marco Merulla. Sicuramente influenzato dagli studi di grafico pubblicitario, ma soprattutto dal percorso di laurea in design del prodotto, il giovane trentino, evidenziando la bellezza, anche cromatica, del materiale scelto, ne conserva la purezza ed eleganza scegliendo di non accostarvi nessun altro materiale e, rispettandone linee e forme originali, riduce al minimo il proprio intervento che si traduce pertanto, essenzialmente, in un’operazione di sapiente assemblaggio tra parti provenienti da attrezzi agricoli diversi e di varie dimensioni. Fondamentale, come ben sottolinea lo stesso Merulla, è il processo ideativo che supporta ogni scultura: un lungo riflettere osservando i vari attrezzi smembrati nelle loro parti costitutive, quindi, senza alcun progetto o disegno preparatorio, come spesso opera un fanciullo intento alla creazione di un fantastico giocattolo con i frammenti trovati nella mitica “scatola dei rottami”, un paziente lavoro di costruzione delle scultura seguendo, con rispetto, ma sempre sulle ali di un’inesauribile fantasia creativa, gli spunti ed i suggerimenti offerti dallo stesso materiale. Interessato fin da giovane anche allo studio delle antiche civiltà ed appassionato lettore di saggi di archeologia e racconti di fantascienza, Marco Merulla dà quindi vita a piccole creature del mondo animale essenziali nella loro struttura ma connotate da una forte valenza simbolica e concettuale. Mai indugiando in dettagli formali il loro creatore vuole sottolinearne, omaggiando e recuperando la bellezza ed armonia estetica degli antichi manufatti , il valore quasi mitico di certe figure, suggerendo anche all’osservatore ancestrali ricordi di un lontano passato. Di particolare interesse anche i lavori di Merulla dedicati alla figura umana sempre ispira ad un evidente primitivismo tutt’altro che semplicistico e banale: linee pure delineano esseri misteriosi, quasi alieni visitatori del nostro mondo, anch’essi connotati da forte valore simbolico come il “Gigante”, la “Sirena”, il “Feticcio” o il “Viandante sacro”. Tra essi anche chiare citazioni all’affascinante mondo delle antiche civiltà mesopotamiche a cui Merulla si ispira in sculture come “Utu”, divinità del Sole presso i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi o “Enki”, per l’antico popolo sumerico, dio dell’acqua, della conoscenza, della manualità e quindi anche della creazione.
Nella mostra personale “Le anime del ferro” Marco Merulla presenta più di una trentina di lavori tutti di recente realizzazione in cui la sua visione estetica del manufatto e, di conseguenza, il suo modus operandi come homo faber diviene sempre più maturo e consapevole staccandosi, gradualmente, da un’eccellente manualità artigiana per volare verso una modalità artistico – espressiva originale, personale ed immediatamente riconoscibile.

ARTE A PALAZZO
di Azzurra Immediato (29 Giugno 2019)

“Sono uno scultore che realizza le proprie opere tramite la tecnica dell’assemblaggio di antichi attrezzi in ferro. Questi oggetti mi affascinano da sempre, perché pur essendo stati realizzati come oggetti funzionali, destinati ad un uso pesante e quotidiano, hanno una natura artigianale che ne decreta forme uniche ed irripetibili, Queste forme si tramandano da secoli ed oltre a testimoniare un’epoca pre consumista ed umana, diventano per me scorci di un mondo molto più antico, un luogo comune al genere umano dove vivono simboli e divinità.”

Marco Merulla, artista trentino, racconta così la sua predilezione per una ricerca ed una poetica che si indirizzano verso il concetto di riuso e di nuova prospettiva identitaria di oggetti, spesso d’antan, realizzati in ferro per altri usi, d’un tempo lontano e che, oggi, grazie all’arte, rinsaviscono di nuovo affiato e nuova realtà.

Al lettore ed al pubblico della ventiseiesima Collettiva Arte a Palazzo International Art Prize London, Marco Merulla si presenta con quattro opere, realizzate nel 2019, titolate: Capricorno, Guerriero, Mucca e Viandante sacro. Quattro eclettici assemblage con cui, Merulla, fondendo vecchi attrezzi per lo più agricoli, ma non solo, esprime una nuova esistenza, dalla intrinseca valenza legata ad una sorta di resilienza, attraverso cui nulla si distrugge ma tutto si trasforma, rigenerandosi tramite inaspettate e sorprendenti significazioni. I suoi soggetti prendono parte ad una sorta di immaginifico Valhalla che ha, però, ‘ferrea’ tangibilità, percettibile soggettività.

Merulla opera secondo quel che chiamo ‘gioco serio dell’arte’ su di una linea del tempo che perde, nel suo lavoro, le dimensioni tradizionali dello spazio e delle convenzioni, per aggirarle a proprio favore, quelle di una narrazione in cui assegna ai nuovi soggetti creati un ruolo attoriale nell’ambito di una mise en scene del tutto esplorativa, carica di una drammaturgia vasta eppure latrice di una serenità quasi fiabesca.

Il lavoro di Marco Merulla si avvia sin dalla ricerca dei vecchi attrezzi, procede con il restauro ed infine giunge ad una rinascita, mediante una forma ex post che l’artista sceglie per i suoi personaggi, afferenti al mondo animale, umano ma anche della fantasia o della leggenda. Le sue opere permettono di compiere un viaggio epico, imperituro e mutabile, lasciando dialogare, serenamente, passato, presente e futuro.

 

PHOTOGALLERY

 

 

Arte a Palazzo – Schifano Angeli
di Azzurra Immediato (7 Settembre 2019)

In occasione dell’evento Schifano – Angeli. Galleria Farini in mostra con i grandi Maestri, fa ritorno a Palazzo Fantuzzi l’artista scultore Marco Merulla, già vincitore di Arte a Palazzo International Art Prize London Galleria Farini 2019 e latore di una ricerca del tutto peculiare.

Come già sancito lo scorso luglio le sue opere sono capaci di dimostrarsi soggettive narrazioni che pervadono lo spazio, in maniera del tutto originale, valicando poi, i limiti temporali, varcando la dimensione suggestiva ed immaginifica che avvia il proprio racconto a partire dall’antico, dalle sue tradizioni, Le sculture del Merulla definiscono e delineano quanto ho già definito una “drammaturgia fiabesca, epica, tra storia e leggenda, che si accompagna ad una tecnica in cui antichi attrezzi di ferro diventano protagonisti di una evoluzione identitaria e catartica grammatica, nel segno dello stupore della forma e della materia.”

Nella presente mostra, quattro nuove opere sono protagoniste del colloquio artistico che la Farini Concept apre con Schifano e Angeli: Bue, Guerriero, Masai e Pavone, tutte realizzate nel 2019.
Sin dalle titolazioni, lo scultore trentino definisce i termini entro cui la propria intuizione e la propria ispirazione ha tratto energia e, ben oltre l’epoca consumistica in cui siamo immersi e viviamo, Merulla asserisce di poter trovare una più giusta alterità. È Egli stesso ad affermare:

“In questo luogo aspetto di vedere un’immagine chiara, una presenza che mi suggerisca la propria esistenza, quando riesco a vederla, cerco di esprimerla nel modo più diretto possibile. […] ho imparato da mio padre. La scultura realizzata tramite l’assemblaggio accompagna la mia vita fin da quando ero un bambino.Quando scolpisco sento di essere sulla strada dove è giusta la mia vita, le ore volano e mi rassereno. Alla base della mia ricerca c’è un forte piacere. Sono un appassionato di popoli antichi ed adoro ascoltare qualsiasi tipo di storia ben raccontata.”

Le sue parole sintetizzano quegli aspetti che contraddistinguono la propria ricerca, gli stilemi ed i paradigmi che azionano la sua percettibile soggettività, capace di offrire nuovo affiato ad oggetti dismessi, a ferri non più in uso che, nelle sue mani, acquisiscono nuova identità, nuovo valore umano e lirico.

Egli è in grado di far riaffiorare nuova esistenza da inusitate rigenerazioni. D’un tratto gli oggetti scelti. abbandonano il loro oblio, si riaffacciano alla vita arricchiti di una rinnovata prospettiva, una nuova esistenza riconoscile, mirabile e frutto del sortilegio unico che appartiene solo all’arte.

 

ANTHILL GALLERY
di Azzurra Immediato (30 Settembre 6 Ottobre 2019 / 7-13 Ottobre 2019)

Per la sezione SCULTURA il vincitore è:
Marco Merulla, con l’opera Mucca, per il suo linguaggio, in grado di farsi narrazione al di là dello spazio e del tempo, aprendosi all’immaginifico racconto a partire dalla tradizione antica, secondo una drammaturgia fiabesca epica. tra storia e leggenda che si accompagna ad una tecnica in cui antichi attrezzi di ferro diventano protagonisti di una evoluzione identitaria e catartica grammatica, nel segno dello stupore della forma e della materia.”
Con queste parole, lo scorso giugno, Marco Merulla é stato nominato vincitore dell’Art Prize London, nell’ambito del progetto Arte a Palazzo della Galleria Farini Concept, in previsione della doppia collettiva nella capitale britannica di questo autunno. Un’occasione certamente unica, attraverso la quale quattro artisti si sono dimostrati in grado di proporre opere che hanno convinto la giuria e che, dunque, oggi ritroviamo nella sale della Arthill Gallery di Londra, accanto ad altri percorsi inediti o già noti.
Marco Merulla,, come si evince dalla motivazione dell’assegnazione dei premio, porta avanti una ricerca che, attraverso le antiche tradizioni, sa raccontare qualcosa di assolutamente nuovo e mediante la storia propone una narrazione contemporanea, entro una profondità che é senza dubbio visionaria, fantastica e originale, il suo rapporto con il passato, infatti, é frutto di una sperimentatone affrontata attraverso il ricordo infantile e proprio in quella dimensione Egli ripercorre la creazione d’oggi, definendo nuove leggende e misterici personaggi, assemblando vecchi attrezzi in ferro ormai in disuso, offrendo nuova vita ed identità a ciò che stato dimenticato.
Questo fa di Marco Merulla un narratore appassionato, come emerge dalle titolazioni fiabesche delle quattro opere presentate a Londra; insieme con Mucca,l’opera vincitrice,l’artista propone Cigno, Capricorno e Viandante sacro, tutte realizzate nel 2019 generatrice di  sorprendenti percorsi fruitivi ed
interpretativi che, come già sottolineato, sembrano afferire ad una specie di sortilegio di cui lo scultore si fa deus ex machina.

 

 

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