TOMMASO TERRUZZI

Biografia di Tommaso Terruzzi

Nato nel 1974 vive e lavora a Milano. Si forma presso l’’Accademia di Belle Arti di Brera, da più di venti anni si guadagna da vivere quotidianamente come Art Director in un’agenzia di comunicazione lavorando per clienti internazionali. Tra la fine degli anni ‘90 e i primi 2000 frequenta la galleria Bianca Pilat di Milano. Successivamente organizza alcune esibizioni personali in location alternative tra Milano e la Brianza.

 

LEGGI LA RECENSIONE CRITICA A CURA DI ELENA GOLLINI

 

CONTATTI

 

INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini

D: Come ha influito la corrente della pop art nella tua formazione artistica e quali sono gli
elementi principali da cui hai attinto per creare il tuo stile espressivo personalizzato?
R: Spesso quando si parla di Pop Art si pensa semplicemente a Warhol, icona e interprete sicuramente
centrale di questa corrente, ma è riduttivo parlare di Pop Art e guardare solo l’arte di Andy Warhol.
Soprattutto è riduttivo parlare di Pop Art e guardare solo oltre oceano. L’incontro negli anni dell’accademia con Giangiacomo Spadari, esponente importante della pop art italiana è stato per la mia formazione un momento cruciale. In quegli anni guardavo ad una pittura di “racconto” alla Guttuso, per me l’arte deve poter essere semplice, comprensibile, non per una élite. Gli anni passati alla cattedra di Spadari sono serviti per approfondire la conoscenza del fenomeno pop, sia Americano che Europeo o Italiano. La mia ricerca estetica ha riferimenti che vanno dal classico fumetto e di conseguenza Roy
Lichtenstein, ma le mie linee di costruzione dell’immagine e le campiture piatte con colori luminosi
guardano anche all’arte di Valerio Adami, l’estetica e l’erotismo nell’arte di Thomas Wesselmann.
La mia ricerca è prima di tutto fotografica, a volte nasce da una vero e proprio collage di immagini
differenti, dallo studio di un taglio fotografico, o di un particolare da estrapolare e decontestualizzare.
Al contrario di molta Pop Art europea o italiana degli anni ‘60 e ‘70 le mie opere non hanno messaggi
politici, ma sicuramente vogliono rappresentare il sociale e la solitudine dell’essere umano nella
società contemporanea, nascono dalla banalità del quotidiano, congelano momenti, per creare un
mondo “metafisico”, astratto pur essendo figurativo, con un abito esteticamente pop. Le scelte cromatiche sono sintetiche, il rosa della pelle ad esempio è un rosa non reale, è un’idea,
un’astrazione di rosa. Pur essendo campiture di colore piatte, c’è una ricerca di differenziazione nella scelta delle materie, colori acrilici convivono nella stessa opera con colori vinilici o con smalti lucidi o satinati. La mia più che una vera e propria Pop Art è un’interpretazione post moderna della metafisica con un vestito di Pop. Se anche mi rifaccio all’estetica della Pop Art, direi la mia idea è il focus sul dettaglio per trasformare gli elementi della vita di tutti i giorni in archetipi della quotidianità contemporanea.

D: Una tua riflessione sul concetto di vocazione creativa;
R: Anni fa lessi un’intervista a Charles Bukowski in cui sottolineava la sua necessità di scrivere per
domare i suoi demoni. Ecco questo penso possa essere la giusta sintesi per parlare di “vocazione creativa” è un’urgenza, una necessità di esprimere con qualsiasi mezzo il modo in cui si vede il mondo o il messaggio che si ha da esprimere. Penso che l’artista, abbia con la sua opera un rapporto “materno” dal concepimento al parto.

D: Ad oggi come valuti in generale in settore dell’arte moderna contemporanea in ambito
nazionale e internazionale?
R: Oggi l’arte moderna contemporanea è sicuramente sfaccettata, mi pare esserci un ritorno alla
figurazione, pur essendo ancora preponderante l’astrattismo e la ricerca Minimal. Sicuramente è il momento della street art, purtroppo come in tutte le mode in questo filone convergono veri e propri artisti e semplicemente meri “writer”. La grande novità è offerta dai social network, ad oggi grazie ad Instagram e Facebook il contatto con gli artisti è sempre più diretto. I social offrono agli artisti una finestra da cui farsi guardare, ma anche a cui affacciarsi e scoprire con molta facilità cosa avviene nel mondo.

 

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