RECENSIONE POST SPETTACOLO “CHI È IO?” PRESSO IL TEATRO RUGGERO RUGGERI A GUASTALLA

Già il titolo, volutamente un po’ ironico-sarcastico-enigmatico apre alla curiosità delle possibili chiavi di interpretazione, che magistralmente Francesco Pannofino mette in scena, entrando nel perfetto cliché recitativo della parte del protagonista, personaggio davvero particolare e sui generis, che vive sospeso in una dimensione trasversale, nella quale convivono e coabitano insieme realtà e fantasia formando una sfera omogenea, che si frappone alle reali dinamiche esistenziali e diventa lo slancio esistenziale da cui prende inizio tutta la narrazione teatralizzata. Questa commistione è molto intrigante, perché consente di analizzare la duplice visionarietà di questa enigmatica e inafferrabile figura centrale, Leo Mayer, che a sua volta racchiude in sé il vero e il falso, la verità e la finzione, stratificando situazioni inafferrabili e indecifrabili, che si traducono in un palinsesto mentale e psichico molto complesso, ma altrettanto affascinante e misterioso, magneticamente attraente e attrattivo. Tra la comicità incalzante di Francesco Pannofino nella sua brillante verve attoriale e lo svolgersi delle varie vicende, il filo conduttore dominante è sempre incentrato sulla capacità di raccontare confondendo assieme ciò che veramente accade e ciò che invece è frutto di un pensiero concettuale soltanto teorico, ponendo sul piano metafisico le riflessioni insite e i messaggi sottesi e arricchendo il tutto con la proiezione meta-pirandelliana del grottesco, del paradossale e dell’assurdo, dove può essere vero tutto ma al contempo anche il contrario di tutto, dove tutto è ammesso e concepibile nel suo dritto e nel suo rovescio, dove il cosiddetto rovescio della medaglia coincide con la stessa versione d’immagine trasfigurata e contestualizzata nella sua doppia valenza simbolica e metaforica. Nella piacevolissima progressione narrativa fiorano dunque eterogenei fattori di interrelazione, che rimandano a spunti di riferimento allusivo molto accattivanti. Leo Mayer è nella sua identità unica, ma anche plurima, camaleontico trasformista visionario, filosofo-pensatore dei nostri giorni, che si conquista una posizione di rilievo, accomunando in sé una molteplicità di entità consce e inconsce, che lo spettatore deve individuare compiendo a sua volta dei passaggi mentali di intuizione logica e avanzando per gradi, perché lo stimolo arriva man mano in un crescendo emotivo emozionale di coinvolgimento e con partecipazione. Francesco Pannofino nella sua indiscussa bravura aiuta il fruitore-spettatore a lasciarsi andare dentro questa sorta di “bolla sospesa” mettendo a disposizione il suo personaggio Leo Mayer, che costituisce un punto di partenza e non un traguardo di arrivo. Infatti, proprio da Leo Mayer si può innescare tutto quel processo di scandalo analitico e psico-analitico, che accentua la portata contenutistica dell’intera orchestrazione teatrale. Leo Mayer insieme agli altri personaggi bizzarri, veri o inventati, appartengono in un modo o nell’altro a quell’universo umano, che brulica e pullula di risorse inespresse, di virtù non manifeste, di opportunità e di occasioni non palesate e che ai limita a sopravvivere, anziché a vivere pienamente, che si accontenta restando però profondamente insoddisfatto delle proprie condizioni di vita. A questo multiforme coacervo di universo umano Leo Mayer dedica il proprio essere sopra alle righe e il proprio vivere fuori dagli schemi imposti, il proprio sentirsi liberamente compiaciuto di poter essere e rimanere se stesso anche tra realtà, irrealtà e surrealtà in sospensione virtuale, perché come dice il grande magister Franz Kafka, di cui quest’anno si celebra l’illustre anniversario dei 100 anni dalla morte (1924-2024) “mi sono vergognato quando ho capito che la vita è una festa in maschera e ho partecipato con la mia vera faccia”.

 

 

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