VALENTINA SORRENTINO

Biografia di Valentina Sorrentino

Radici ciociare, partenopee, calabresi, impregnate di Sicilia. Si laurea in medicina e chirurgia a Roma e prosegue gli studi in neuropsichiatria infantile a Catania. Si avvicina all’arte lavorando sul metodo teatrale delle azioni fisiche di E. Barba e J. Grotowski. Studia tecniche di pittura ad olio con l’artista romana Giorgia Marzi, partecipando alla mostra collettiva “Io sono Frida” a cura del maestro Gianpaolo Berto, presso la galleria Spazio 40, Roma. Nel 2019 la direzione artistica del Festival Internazionale Severino Gazzelloni la invita ad esporre le proprie opere in occasione della XXV rassegna musicale. Il suo percorso artistico nasce dalla necessità di immortalare e fondere le personalità multiple della bellezza, che da sempre ama e apprezza nelle sue sembianze figurative, musicali e letterarie. Dalla passione per musica e forme scaturisce la fusione di suono e colore e nasce così la prima personale “meLady – Le mie donne nei miraggi di Roberto Vecchioni”, liberamente ispirata alla discografia del celebre cantautore, presentata a Catania nel mese di Gennaio 2020 presso la galleria Kōart Unconventional Place, a cura di Aurelia Nicolosi.

 

CONTATTI

 

RECENSIONE CRITICA – a cura di Eliana Vasta per Balloon Project

MeLady: una, nessuna, centomila
«Mi si fissò invece il pensiero ch’io non ero per gli altri quel che finora, dentro di me, m’ero figurato d’essere» scrive Pirandello in uno dei suoi romanzi più famosi “Uno, nessuno, centomila”. Sono donne dai mille volti, donne senza tempo, pervase dall’immaginazione surreale e onirica di un diverso ordine della realtà, donne che danno le spalle, e che, qualora si girassero verso lo spettatore, hanno maschere da giullare, che non consentono di mostrare quello che si cela in viso; volendo concepire l’idea della frantumazione dell’io, in identità molteplici che acquisiscono l’aspetto di chi le osserva, per l’intenzione stessa che lo spettatore possa proiettare in questo personaggio il proprio vissuto.

Sono le donne di Valentina Sorrentino, che mette in mostra nella sua personale dal titolo “MeLady/Le mie donne nei miraggi di Roberto Vecchioni”, alla galleria KōArt: unconventional place di Catania a cura di Aurelia Nicolosi, visitabile fino al 26 Gennaio.Valentina Sorrentino, classe 1986, ha radici ciociare, partenopee, calabresi, impregnate di Sicilia. Si laurea in medicina e chirurgia a Roma e prosegue gli studi in neuropsichiatria infantile a Catania. Si avvicina all’arte lavorando sul metodo teatrale delle azioni fisiche di E. Barba e J. Grotowski presso il “Teatro di nessuno”, diretto da Sandro Conte. Studia tecniche di pittura ad olio con l’artista romana Giorgia Marzi, partecipando alla mostra collettiva “Io sono Frida” a cura del maestro Gianpaolo Berto, presso la galleria Spazio 40. Nel 2019 la direzione artistica del Festival Internazionale Severino Gazzelloni la invita ad esporre le proprie opere in occasione della XXV rassegna musicale. Oggi vive e lavora a Roma nel suo studio d’arte. La mostra espone alcuni dipinti della serie MeLady, ispirati dalla discografia del celebre cantautore Roberto Vecchioni, a sua volta “ispirato” ad una donna in cui lui si è immaginato. Nella versione dell’artista il Mi diventa il “me” inglese per avere la stessa pronuncia ed è in corsivo per dare origine a due parole: meLady (ioDonna) in quanto in ogni donna vede un suo alter ego.

La pittura di Valentina Sorrentino trae anche ispirazione dai canti popolari, lirici e dal rock, perché per lei la musica ha un potere immenso, e cerca di elaborarne il concetto nelle sue figurazioni, come nel dipinto “La terra del silenzio”, che trae ispirazione dal “El bandero stanco” di Vecchioni, in cui Euterpe su un cavallo bianco, giunge nella Terra del Silenzio, e coglie dal suo capo un fiore rosso come il sangue del suo cuore di una volta e lo porge al bandolero, immortalando l’attimo dell’incontro in questa surreale visione dei binari che lasciano posto alle note di un pentagramma.

Per l’artista, la conquista della realtà, trova ispirazione anche dai miti, dalle leggende, dai personaggi letterari, dagli artisti di ogni epoca; come nel dipinto “A l’hasard pour rien”, una donna di spalle è raffigurata su una barca, con il capo ricolmo di girasoli, rappresenta lo spettatore che si immedesima nel dipinto o nella canzone, percependo il mondo di Van Gogh, lo spettatore si identifica in quest’altra realtà, e l’anima nascosta dalla realtà apparente si rivela e naviga nell’acqua che è il riflesso della visione di Van Gogh nell’opera la “Notte stellata”.

Nella Sorrentino troviamo il surrealismo della ritrattistica dell’inconscio di Salvator Dalì, per citare l’opera: “Mia moglie nuda guarda il suo corpo diventare gradini, tre vertebre di una colonna, cielo e architettura” del 1945, Dalì dipinge la moglie, nonché sua musa, che da le spalle allo spettatore, e proprio in questa duplice visione, possiamo accostare le donne della Sorrentino, che sembrano possedere la delicatezza e la sinuosità delle “Tre Grazie” del Canova; donne che rinviano ai centomila volti del tempo e della storia e che possiedono anche i meandri del nostro inconscio.

 

INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini

D: Come definiresti il tuo stile espressivo usando 3 parole chiave e motivandole?
R: Lo definirei un surreale neoclassicismo irriverente. Surreale, per gli scenari e le forme in bilico tra sogno e realtà. Neoclassico, naturalmente in senso ampio, nelle pose, nel messaggio, nelle storie e nei luoghi che spesso danno origine ai miei sogni. Irriverente, nei confronti del costume e delle convenzioni: la mia donna ama i costumi ma non si adegua alla moda, la sua nudità è primordiale, libera, è terra, vulcano, metamorfosi, miraggio. Non esiste, eppure è.

D: Su quale progetto di ricerca vuoi focalizzare il tuo percorso artistico in questo anno?
R: Sono lieta di aver inaugurato il 2020 a Catania con la personale “meLady – Le mie donne nei miraggi di Roberto Vecchioni” a cura di Aurelia Nicolosi, presso la galleria Kōart Unconventional Place, progetto a cui tengo molto in cui convergono, in un’unica espressione, pittura, musica e poesia. Mitologia e musica sono fondamentali nel mio lavoro, insieme alla donna, che è il centro della mia produzione e che racconta il mondo da un punto di vista alternativo, il suo, indipendentemente dal sesso dei personaggi che incontra. Ho vissuto quattro anni indimenticabili nella terra dei Ciclopi, a Catania, città di Bellini. Odissea e Lirica sono la diretta ed inevitabile conseguenza dell’immensa bellezza che mi ha circondata in questi anni.

D: Una tua riflessione sul concetto di vocazione artistica.
R: È l’esigenza irrevocabile, per l’artista, di esprimere una personale idea di bellezza, nei contenuti, nelle reazioni che intende o meno suscitare, nelle forme. Bellezza che, quando condivisa e divulgata, ha inevitabilmente una finalità sociale. È la ferma convinzione che giustizia e bellezza, citando Zoja, siano intimamente connesse, inseparabili.

 

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