IL TEATRO RUGGERO RUGGERI DI GUASTALLA OSPITA CLAUDIO GREGORI E FABIO TROIANO IN ACCOPPIATA VINCENTE CON “GLI INSOSPETTABILI”

Quale migliore occasione di vedere recitare assieme questi due artisti-attori di notevole caratura, protagonisti in accoppiata vincente dello spettacolo dal titolo, che riprende l’omonima opera cinematografica “Gli insospettabili” messo in scena nello storico contesto del Teatro Ruggero Ruggeri a Guastalla e portato in tournée in tutta Italia con acclarato successo di pubblico e di critica di settore. Entrambi perfettamente calati nel proprio ruolo recitativo, si armonizzano a vicenda e si enfatizzano reciprocamente trovando un equilibrio di bilanciamento, che corrisponde di rimando alla rispettiva capacità versatile di trovare una dimensione di accostamento sinergico. Il tema centrale è alquanto complesso, coincidendo con la componente di narcisismo egocentrico e individualista, che entrambi impersonano all’interno dell’incalzante saga narrativa, ponendo l’accento sulla distorsione del sentimento amoroso che viene riservato alla stessa donna e che viene di fatto violato e inquinato dall’elemento negativo, manifestato sottilmente, ma in maniera altrettanto disturbante e fuorviante, orientando e canalizzando lo spettatore a una riflessione sagace e perspicace. Non mancano momenti di arguta e acuta ironia comica, che si fondono in alchemica misura con le scene più seriose, cambiando ad hoc ogni passaggio e facendo da contraltare alla visione di stampe di matrice di intense e profonda mimesi semantica e dialettica. I due attori riescono con estrema naturalezza spontanea a rendersi co-protagonisti anche per la simpatia, entrando facilmente in vivace contatto con il pubblico. La sfida ego-referenziale e auto-celebrativa (degna di Oscar Wilde che proclamava “Amare se stessi è l’inizio di un idillio che dura tutta la vita”) si mescola la voglia di prevalere in amore e si confonde con l’intento puro e autentico del sentimento amoroso, senza mai fare rallentare il ritmo dinamico dell’evoluzione crescente. Nel mix and match ben modulato e ben orchestrato, si individua una corresponsione di intenti e di intenzioni da parte dei due carismatici attori, che incedono all’insegna di una formula di immedesimazione studiata a puntino nel dettaglio, che non interferisce mai con il filo conduttore di base di riferimento (la trama cinematografica) ma si rende anche soggettivamente rielaborata e rivisitata con una personale chiave di accesso e di lettura, compiuta come se si mettessero dinanzi a una proiezione rivelatoria, da cui poter trarre una sorta di insegnamento di vita, di lectio magistralis da condividere attraverso la fruizione teatrale e da diffondere in modo empatico nella relazione con lo spettatore. Ecco, perché si può senza dubbio carpire un chiaro e palese messaggio sotteso destinato a un significato sostanziale, riconducibile al concetto di arte teatrale ,di concetto e di essenza contenutistica con valore socialmente saliente e rilevante. Ed ecco, perché ad entrambi va senza dubbio un plauso ancora più speciale, per aver saputo introiettare, metabolizzare fino in fondo questa finalità primaria, che il teatro offre, facendola propria come concezione radicata nel loro essere e sentirsi artisti sempre comunque al servizio della collettività, a prescindere da qualunque e da qualsivoglia sperequazione di genere, conservando quella viscerale vocazione, che si trasforma in pura donazione del proprio talento e come tale si erge e si eleva sopra il palcoscenico, producendo quel pathos di trasporto che fa la differenza. A fronte di ciò Claudio Gregori e Fabio Troiano sono stati insigniti di un riconoscimento simbolico in forma di targa di merito artistico per la fervida e appassionata dedizione con cui hanno sposato in toto la giusta causa dell’arte teatrale devota e votata alla funzione comunitaria. “Non si può bleffare se c’è una civiltà teatrale ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte” (Leo de Berardinis). “Il teatro è la parabola del mondo” (Giorgio Strehler).

 

 

Condividi

Rispondi