ANDREA MILIA

Biografia di Andrea Milia

Andrea Milia nasce a Cagliari nel 1978; frequenta dapprima il Liceo Scientifico, ma una volta diplomato decide di seguire la vocazione artistica e si iscrive all’Accademia delle Belle Arti a Sassari.
Non avendo avuto una formazione artistica, gli anni dell’accademia sono anni di ricerca sia di stile che di concetti. Più di tutto nella sua formazione, almeno inizialmente, hanno influito sicuramente le opere di Matisse; ancora adesso il colore e la decorazione sono alla base della sua ricerca. Sviluppa nel tempo una pittura lontana dalle tele, andando invece a scegliere supporti particolari come pannelli in pvc, tende per esterni, finta pelle, dando al supporto un ruolo preponderante nell’opera. Dopo varie sperimentazioni nascono le “Tiallas” (dal sardo: tovaglie), quadri realizzati su tovaglie plastificate. Qui la decorazione della tovaglia prende nuova forma, venendo decontestualizzata e ricontestualizzata in un concetto di ridecorazione che tende a dare un diverso punto di vista a cose che abbiamo quotidianamente davanti agli occhi.
Parallelamente alla pittura, in questi dieci anni Milia matura un’esperienza da incisore grazie all’amicizia con i fratelli Putzu, proprietari della GRA.MAR. e marmisti da tre generazioni. Amicizia che si sarebbe poi trasformata in una vera e propria collaborazione professionale. All’inizio usa quindi scampoli di pietra e avanzi di lavorazioni dove prova dopo prova inizia a maturare un tratto, fino alla creazione dei
primi pezzi di design come tavoli, docce e alla creazione di veri e propri quadri in granito. Nascono pian piano le stoffe di pietra con la creazione di città di stoffa e di arazzi in granito; lavori dove si sente sicuramente il peso dell’opera di Maria Lai e di una cultura con una grande tradizione di trame e tessuti. Una sorta di filopittura che fa “sventolare” il granito, facendo perdere alla pietra la sua pesantezza.
Nel 2018 apre AMstudio: uno studio professionale dove oltre a svolgere la sua attività di artista da servizi di design artistico per l’arredo e l’edilizia.

 

LEGGI LA RECENSIONE CRITICA A CURA DI ELENA GOLLINI

 

CONTATTI

 

INTERVISTA ALL’ARTISTA – a cura di Elena Gollini

D: Un tuo commento di riflessione sul concetto di vocazione artistica.
R: Penso sia non solo la voglia di creare, ma la ricerca di un riconoscimento per quello che creiamo. Aghata Christie ha detto: “Nessun artista può sentirsi appagato solo dall’arte. C’è il naturale desiderio di rendere nota la propria maestria”. Tutti gli artisti che possano definirsi tali penso abbiano almeno tre cose in comune: un talento di base, l’aver trasformato questo talento in uno stile e aver avuto dei riconoscimenti sui primi due punti. Lo stile di un artista non è altro che il suo personale metodo di comunicazione, come un alfabeto o un codice. Ma perché creare un linguaggio se non per comunicare con più gente possibile? Voler fare l’artista vuol dire voler far conoscere al mondo la propria arte.

D: come definiresti il tuo stile espressivo usando 3 parole chiave e motivandole
R: La prima parola è sicuramente DECORAZIONE: mi si è smosso qualcosa quando ho visto per la prima volta i quadri di Matisse. E’ stato il mio BigBang, vedevo tutta una malgama di linee decorative e colorate che andavano a formare il quadro. Vedevo figure che non avevano bisogno di una tridimensionalità. Ho capito che c’era un’arte che riuscivo a capire, ad assorbire. Poi Klee, Van Gogh, Gaugain, il primo Kandinsky, Picasso, Mirò; quando sono entrato alla Fundacio Mirò in Spagna non sarei più voluto uscirne. Dei moderni Keith Earing, Ian Davenport, Yayoi Kusama. Mi piace una pittura decorativa e faccio una pittura decorativa.
La seconda parola è più concettuale ovvero DECONTESTUALIZZAZIONE : anch’io ci ho messo un po a capirlo e quindi a capirmi, ma molta parte del mio lavoro si riduce al fatto di decontestualizzare. Per l’esame di tecniche della scultura, in accademia, ho stilato una tesina su Duchamps, penso sia stato un genio. Credo che lui e Wharol siano due punti importatissimi per capire l’arte. Nei quadri io decontestualizzo le decorazioni e gli do un nuovo ruolo, sembra addirittura che abbiano un’altra forma. Ci si mette un po a ricollegare il quadro alla tovaglia da cui è stato creato. Per quanto riguarda la pietra decontestualizzo direttamente il materiale. Guardando un mio arazzo in granito la pietra sembra che sventoli appunto come un arazzo; i discorsi vanno a finire sulla filo-pittura prima che sulla pietra. E’ stoffa e non più pietra.
La terza parola penso sia DESIGN : più precisamente design artistico. Non sono un designer, non so progettare, non progetto. Le mie opere hanno un design semplice che serve a valorizzare la mia decorazione. I miei tavoli sono opere sotto forma di tavolo e non tavoli decorati; c’è una sottile  differenza. Mi piace che le mie creazioni abbiano al fine un’utilità nella vita delle persone. Per questo magari creo sculture che hanno la funzione di portabottiglie. Mi piace che una mia opera diventi la doccia di qualcuno o il tavolo del salotto, che abbia un’utilità e che per la sua utilità venga adoperata. Anche i quadri li vedo come pezzi d’arredo. Non faccio opere contorte; i miei sono quadri da appendere per abbellire una sala, la hall di un albergo, il salotto di casa. Penso che tra i vari compiti dell’arte ci sia quello di abbellire la vita delle persone.

D: Quali progetti stai pianificando e portando avanti in questo anno
R: Partiamo dal fatto che vivo e lavoro a Cagliari, in Sardegna. Qui da noi è molto difficile fare il mestiere dell’artista, cioè riuscire a vivere della propria arte. Pochi ci riescono. Quindi il primo progetto è quello. Nel 2018 ho aperto uno studio professionale dove svolgo la mia attività d’artista e do servizi di design artistico per il design d’arredo e di edilizia. Sto cercando di costruire una rete di collaborazione con studi di architettura e ditte di artigiani per creare design preziosi che nascano dalle mie opere. Ho iniziato un progetto riguardante l’oggettistica d’arte che voglio portare avanti (nel mio sito trovate tutto quello che concerne il progetto DOMINOS). I progetti sono tanti e non so se mi basta una vita. Vorrei arrivare a fare un’opera urbana in ex-tempore.

 

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